AMANTEA (Cs) – L’ex candidato alle recenti elezioni amministrative, Andre De Luca, interviene si inserisce nel dibattito in corso su Calabria inchieste in relazione alla disparità di trattamento riservato dall’amministrazione comunale a Campora San Giovanni, rispetto ad Amantea.
Una problematica rispolverata dalla consigliera di opposizione e capogruppo di “Per Amantea”, Emilia Di Tanna, e dall‘Associazione Ritorno alle origini di Temesa
«I motivi che hanno determinato la richiesta di autonomia di Campora – per De Luca – sembrano ormai chiari a tutti: abbiamo molto meno dei nostri amici di Amantea, siamo solo sulla carta fratelli, ma Campora è, nei fatti, costretta al basso rango di Ancella, relegata alla ‘damnatio memoriae’ e conseguentemente nemmeno degna di essere menzionata; al più è ammissibile “popolosa Frazione”, o ricorrendo al conio ballerino di chi si è dimenticato del consenso ricevuto proprio a Campora, condizionato dagli influssi lunari e con buona pace delle sue ombre, ha cambiato rotta ed ha pensato di definirci “amanteani di Campora”».
E, ancora: «Il malessere dei camporesi, e non malumore, è chiaro anche a chi, nel goffo tentativo di sminuirne la fondatezza della nostra aspirazione, ha immaginato fantasiose narrazioni che rappresentavano disegni occulti. Avevate torto! Infatti, oggi chi non ha preso le distanze da tali malevoli interpretazioni scrive che esistono due pesi e due misure tra Amantea e Campora: finalmente vi siete svegliati dal sonno della ragione».
Ebbene, «vorrei ribadire che la condizione di marginalizzazione di Campora non è una novità, ma esiste da cinquanta anni. Allora se solo ora vi siete resi conto che i nostri figli hanno il diritto di essere considerati come quelli di Amantea, di avere gli stessi servizi essenziali, fareste bene a chiedere scusa, all’intera comunità! Perché? Siamo stati considerati poveri di intelligenza in quanto avete affermato che le nostre rivendicazioni non erano altro che il frutto di qualche macchinazione, di conseguenza ci avete considerato “burattini nelle mani di qualcuno”».
Oggi, però «avete aperto gli occhi e avete notato i tanti disservizi che vive la comunità di Campora: grazie per il promemoria, noi lo abbiamo documentato quotidianamente, al punto da diventare noiosi e ripetitivi! Bene, avete ritrovato la luce, il sonno della ragione apre la via e finalmente la selva oscura dei vostri pregiudizi si dirada, ma ancora si usa il termine scissionisti? Non vi pare che la logica difetti? Oh, Virgilio, soccorri tanto smarrimento! Conviene seguire un’altra via? Sembra proprio di sì».
Dovrebbe essere chiaro che «non siamo scissionisti! Vogliamo solo emanciparci – liberarci. Perché negare ad una comunità storicamente trascurata di intraprendere un percorso di affrancamento? ».
E allora «è legittimo domandarsi perché non sostenere anche questa legittima aspirazione? Quella di affrancarsi da tanto colpevole abbandono! Lo chiediamo solo per coerenza logica! Campora ha anche bisogno delle apprezzabili analisi sullo stato di abbandono del suo territorio, ma soprattutto si chiede rispetto in merito alla possibilità di autodeterminazione, dando la possibilità di scegliere se rimanere con Amantea, oppure intraprendere un nuovo percorso, basato anche sul rilancio del turismo culturale e sulla valorizzazione delle risorse archeologiche che giacciono ancora sepolte! Ritorna la ‘damnatio memoriae’… fosse mai che qualcuno decidesse di fermarsi proprio a Temesa, sfidando il semaforo spento e i conseguenti pericoli segnalati da un anno».
Infine: «Nulla contro gli amici di Amantea, sono convinto che lo sviluppo del Basso Tirreno cosentino possa essere realmente intrapreso, con successo e vigore, solo attraverso il rispetto di ogni singola comunità, anche quella di Campora, non più ancella, ma sorella di Amantea. Se non si ha la possibilità di garantire servizi essenziali, se nel corso del tempo si è verificata una ripetuta e costante situazione di marginalizzazione, ovvero, se non esistono condizione di sostanziale equità nel territorio, non si può costringere chi soffre a sopportare in eterno».
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