L'avvocato Giuliano Pisapia

«Nei confronti di Mimmo Lucano c’è stato un accanimento non terapeutico». Lo ha detto l’avvocato Giuliano Pisapia, uno dei due difensori

dell’ex sindaco di Riace, nell’arringa in Corte d’Appello di Reggio Calabria dove si sta celebrando il processo “Xenia” sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel piccolo paese della Locride.

Lucano è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Locri a 13 anni e 2 mesi. Nei suoi confronti, lo scorso ottobre, la Procura generale ha chiesto la conferma della condanna ma riducendo la pena a 10 anni e 5 mesi. Contro quella sentenza si sono espressi stamattina gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia.

Per quest’ultimo, ex sindaco di Milano, «ci sono tutti i presupposti per l’assoluzione di Mimmo Lucano che in tutta la sua vita ha sempre fatto quello che serviva agli altri e non quello che serviva a sé stesso». Pisapia ha ricordato che l’ex sindaco di Riace ha sempre rifiutato la candidatura sia alle elezioni nazionali sia al Parlamento Europeo: «Come si fa a dire che ha fatto quello che ha fatto per motivi politici? Questo elemento dovrebbe già chiudere il processo: manca il dolo e manca la consapevolezza e la volontà di un vantaggio economico».

Risulta dalla lettura di «tutti gli atti processuali che Lucano non aveva un soldo sul proprio conto corrente. Io non parlo di un santo. Mi interessa chi oggi è imputato e al momento ha una sentenza con una condanna esorbitante».

Rivolgendosi ai giudici, l’ex sindaco di Milano ha ricordato che «Falcone, tra le tante cose, diceva di seguire i soldi. Vi prego seguite i soldi di Lucano e non li troverete. La vostra sentenza sarà importante perché specialmente in questo periodo in cui la situazione dei migranti è particolarmente difficile e complicata, avere tante Riace aiuterebbe a risolvere tanti problemi e a evitare situazioni che un Paese come il nostro non dovrebbe vedere da lontano ma essere capace di affrontare».

Quando «la politica entra nelle aule di giustizia – conclude Pisapia – la giustizia scappa inorridita dalla finestra. Per me è qualcosa di insuperabile: un conto è la giustizia e un conto è la politica. Devono avere ognuno i propri ruoli e non devono entrare nei ruoli altrui». (Ansa)