CATANZARO
Chiuse le indagini, ad opera della Dda Catanzaro per l’operazione denominata “Rinascita 3” – Assocompari, e che vede indagate 30 persone, incentrata sugli affari illeciti della cosca Bonavota di Sant’Onofrio.
Gli indagati sono: Giovanni Barone; Basilio Caparrotta, del ’61; Basilio Caparrotta, del ’71; Giuseppe Fortuna, detto “Peppe”, del ’77; Giuseppe Fortuna, detto “Pino”, del ’63; Gaetano Loschiavo; Edina Szilagyi Margit; Saverio Boragina; Annamaria Durante; Eva Erzsebet Szilagyi; Raffaele Arone; Gerardo Caparrotta; Domenico Cichello, detto “Salvatore”; Danilo Fiumara; Francesco Santaguida; Michele Vitale; Loris Junior Aracri; Baxter Kenneth David; De Luca Giuseppina; Durante Anna Maria; Fortuna Luigi detto “mastro Gino”; Kaye Gavin Marc; Serrao Antonella Silvia; Rees Guy Anthony; Solimeno Fabrizio; Vesholli Sona; Vincenzo Barba; Francesco Caridà; Gianluigi Cecchi; Marilena Ventrici.
Il blitz, lo ricordiamo, era scattato all’alba del 25 gennaio 2023.
In quell’occasione era state eseguite otto misure cautelari in carcere e tre destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali o uffici direttivi di persone giuridiche.
I reati contestati a vario titolo agli indagati sono associazione di tipo mafioso (imputazione riguardante 4 soggetti), riciclaggio internazionale aggravato, trasferimento fraudolento di valori aggravato dalle modalità mafiose, truffa internazionale aggravata, ricettazione, reati in materia di navigazione.
Dalle indagini è emerso che da Sant’Onofrio, gli affari della cosca Bonavota si estendevano in tutta Europa, infatti la Dda di Catanzaro ha operato insieme a Ungheria, Cipro, Francia, Danimarca e Gran Bretagna. Fulcro dell’inchiesta il riciclaggio – in particolare una anomala frequenza e circuitazione di denaro verso l’Ungheria – che ha portato gli inquirenti ad avvalersi dell’Unità di informazione finanziaria della Banca di Italia, della collaborazione del progetto ICan e del contributo dato da Eurojust.
Tra gli indagati Giovanni Barone, 54 anni, commercialista calabrese le cui attività portano allo studio di una avvocatessa Edina Szilagy che operava in Ungheria. L’inchiesta avrebbe permesso di svelare come veniva ripulito il denaro provento dell’attività criminale dell’associazione tra cui alcune truffe milionarie.
Secondo l’accusa erano state aperte, dagli indagati italiani in concerto con l’avvocatessa ungherese, tutta una serie di società ungheresi che muovevano il denaro e che operavano nel settore immobiliare e dell’intermediazione finanziaria. Gli inquirenti ricostruiscono come veniva ripulito il flusso di denaro che passava anche da Francia, Danimarca, Gran Bretagna attraverso molteplici trasferimenti sui conti di questi Paesi e veniva reimpiegato in Italia nell’acquisizione di beni immobili o in alcune acquisizioni societarie.