PAOLA (Cs) – «Retribuiamo adeguatamente i nostri infermieri che lavorano in ospedali, RSA, Strutture private e convenzionate. Spendiamo bei soldi per la formazione del nostro personale sanitario e poi dopo pochi mesi li ritroviamo all’estero. Non possiamo permettere più che continui questo flusso migratorio. Bisogna intervenire».
Robertino Serpa, nuovo coordinatore area infermieristica e contrattazione comparto sanità Uil-fpl Calabria, denuncia una situazione che sta destando grave preoccupazione un po’ in tutti i territori calabresi: «la mancanza di personale sanitario, più nello specifico, infermieristico, in Calabria».
In una nota stampa, difatti, il sindacalista esprime tutta la sua preoccupazione dovuta a questa carenza infermieristica, che paragona ad una «emorragia incontrollabile».
«È il caso di ricordare – continua – che la migrazione del personale sanitario in Italia ha avuto origine da ben prima del Covid-19. L’Italia – aggiunge – ha testato il paradosso della carenza infermieristica per mancate assunzioni dovute alla crisi economica. Come risultante oltre 50.000 infermieri hanno avuto esperienze all’estero e ad oggi, oltre 20.000 infermieri formati in Italia lavorano in altri Paesi.
La Svizzera, ad esempio, offre salari pari al triplo di quelli italiani, la Germania, il Regno Unito e altri Paesi continuano a reclutare italiani offrendo migliori condizioni complessive. Questi infermieri andrebbero recuperati.
Per incentivare e facilitare si potrebbe intervenire sin dall’università con borse di studio, azzeramento delle tasse universitarie e con la previsione al terzo anno di specifici contratti di formazione, ben retribuiti, che potranno essere di transizione e avviamento al lavoro.
Oggi – precisa – si contano circa 450.000 infermieri di cui quai 14.000 in Calabria, troppo pochi per la richiesta di assistenza visto che ne mancano più di 60.000.
L’infermiere oggi – ci tiene a sottolineare – ha una formazione universitaria di 3 anni. Più la specialistica di due anni, più master di primo e secondo livello, per poi essere retribuiti con uno stipendio base pari a circa 1500 euro. Troppo poco.
Ecco perché poi assistiamo alla continua è sempre più diffusa fuga dei nostri giovani verso l’Europa e non solo.
Una proposta – conclude – potrebbe essere di eliminare test di ingresso alla facoltà, ampliare i posti disponibili dove ci sono maggiori domande, proporre percorsi formativi attrattivi incentivandoli durante i tre anni di università, una riduzione delle tasse universitarie per chi è in regola con i CFU, maggior prospettive di carriera ed un ampliamento dei posti della dirigenza delle professioni infermieristiche al fine di tutelare i cittadini proponendo una assistenza di qualità di ciò solo gli infermieri sono responsabili.
Non è possibile che nelle nostre aziende si espletino concorsi ed avvisi per chiunque tranne per i dirigenti infermieristici che in altre regioni sono l’ossatura ed i veri gestori dei percorsi assistenziali. Solo andando incontro ai nostri giovani potremmo ottenere un futuro migliore per la nostra terra. E garantire ai nostri ragazzi un futuro lavorativo nel loro paese».