VIBO VALENTIA – «Giorno 5 gennaio, alle ore 11, ci ritroveremo all’interno del cimitero di Bivona, frazione di Vibo Valentia, per un momento di ritrovo in ricordo dei migranti morti durante la traversata nel Mediterraneo e lì seppelliti».
Ad annunciarlo il Coordinamento provinciale di Libera Vibo Valentia
«Nella frenesia dei nostri giorni e delle festività – si legge ancora nella nota – vogliamo poterci fermare un attimo per comprendere il senso di cose che troppo spesso diamo per scontato e attribuire loro il reale valore che esse racchiudono: il diritto al nome, ad una storia, il diritto ai sogni e soprattutto alla vita. Vogliamo poter chiudere gli occhi e immaginarci per un istante, come nati dalla parte sbagliata del mare e nella continua lotta a difesa di una vita migliore».
I corpi di uomini e donne che, come tanti altri, «si sono messi in viaggio con la speranza di costruirsi un futuro diverso e dignitoso ma che purtroppo, hanno perso la vita tra le onde, ora giacciono in freddi loculi senza né foto né nome, senza neppure un piccolo vaso dove poter porgere un fiore o qualcuno che sussurri una preghiera. Lì sono sepolte le giovani speranze di chi dopo aver conosciuto la violenza e l’orrore della guerra, le brutture della povertà e della degenza, si avvicinava alle grandi e – ai loro occhi – salvifiche, porte dell’Europa rivendicando soltanto un tempo di pace, di diritti e di uguaglianza, un tempo in cui poter vivere senza paura, in cui poter essere finalmente protagoniste e protagonisti dei loro destini».
E, ancora: «L’anno che abbiamo trascorso è stato segnato da diverse tragedie; le guerre e le migrazioni ci hanno mostrato la fragilità di un’umanità che fatica a riconoscersi uguale, le fatiche, gli ostacoli e le paure di chi si mette in cammino con il sogno di una vita nuova, lontana da distruzione e morte. I morti di Cutro sono venuti a bussare alle nostre coscienze, quelle di un Occidente sordo e cinico che si volta dall’altra parte».
Il tema delle migrazioni «divide il Paese quando invece, dovrebbe trovarci tutte e tutti dalla stessa parte, quella di chi è pronto ad accogliere, di chi riflette con il desiderio di guardare lontano, di chi vive dell’amore riscoperto e ritrovato in una nuova umanità. Quello che abbiamo perso e che dovremmo riscoprire è il sentimento dell’empatia: guardare gli altri e riconoscere in loro noi stessi».
Infine: «Vogliamo iniziare il nuovo anno con la promessa di una solidarietà che si faccia concreto atto d’amore verso gli ultimi e derelitti, carichi di un’indignazione per ogni potere violento ed escludente che possa farsi impegno e responsabilità, bramosi di verità e attenti ricercatori oltre gli schemi e le categorie che ci vengono propinate, dubbiosi ed eretici. Solo così possiamo farci promotori e difensori di un vento che possa stravolgere l’indifferenza, che possa gettare giù i muri dell’intolleranza, che possa fermare l’eresia di chi di fronte a uomini e donne che sfuggono da fame, guerre e disperazione, parla di difesa dei confini e di “carico residuale”, un vento che possa trasportare le singole parole della nostra preghiera laica per una società a portata d’uomo qualsiasi sia il suo colore della pelle, il suo orientamento sessuale, politico o religioso, la sua etnia o il suo paese di appartenenza, oltre i confini del tempo, dello spazio e del silenzio. Vogliamo iniziare il nuovo anno chiedendoci che società siamo e che società vogliamo essere per trovare risposte alle nostre domande e senso al nostro impegno».
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