Home Cronache Carabiniere morto dopo l’aggressione: imputato condannato solo per minacce

Carabiniere morto dopo l’aggressione: imputato condannato solo per minacce

E’ stato assolto dall’accusa di “morte o lesioni come conseguenza di altro delitto” e condannato a tre mesi di reclusione per minacce il cosentino Francesco Greco, 30enne, imputato per il decesso del carabiniere Antonio Carbone. Il militare aveva bacchettato il bagnante per aver gettato una cicca di sigaretta in mare. La famiglia: "Ecco cosa dice il referto"

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PAOLA – E’ stato assolto dall’accusa di “morte o lesioni come conseguenza di altro delitto” e condannato a tre mesi di reclusione per minacce il cosentino Francesco Greco, 30enne, imputato per il decesso del carabiniere Antonio Carbone, 56anne, originario di Paola.

Il tragico evento si è verificato il 16 agosto del 2021 sulla spiaggia paolana. L’imputato era in spiaggia con il figlio nei pressi di un lido balneare, dove era altresì presente il sottufficiale dell’Arma, libero dal servizio. Il carabiniere aveva rimproverato il 30enne cosentino dopo averlo visto gettare una cicca di sigaretta in mare, scatenando così la furiosa reazione del bagnante. Quest’ultimo, secondo le accuse del pm Maria Francesca Cerchiara, avrebbe minacciato gravemente di morte il carabiniere, brandendo un palo di ombrellone con cui cercava di colpirlo: “vado a casa prendo la pistola e ti faccio buchi buchi”, “ti ammazzo”, “tu non sai chi sono io, mi chiamo Greco, ti spacco la faccia, ti paro in bocca, ti rovino ti spacco il cuore”, sono le frasi cristallizzate nel verbale e nel capo di imputazione.

Lo shock emotivo ha talmente scosso il militare al punto da causargli un infarto. Il carabiniere, pertanto, decedeva e Greco era stato accusato, oltre che di minacce, anche della morte dell’uomo quale conseguenza non voluta, essendo intervenuto il decesso a 15 minuti dalla lite.

La procura di Paola aveva quindi proceduto per il reato di cui all’art. 586 cp (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto) anche e soprattutto a seguito delle conclusioni dei periti nominati, Cavalcanti e Vercillo, i quali avevano accertato – secondo l’autopsia effettuata sul Carbone e successiva verifica istopatologica – che la morte era sopraggiunta a causa di aritmia cardiaca irreversibile, cagionata da una sofferenza ischemica in coronaropatia. I consulenti si erano spinti oltre, imputando alla condotta del Greco la causa dello stress che ha condotto alla morte il Carbone.

La difesa medico legale dell’imputato, sostenuta ed argomentata scientificamente dal dottor Mirko Massimilla – tesi poi di fatto accolta dal Tribunale – pur approvando con la tesi della procura che rinviene la causa della morte del Greco nell’aritmia cardiaca irreversibile cagionata da una sofferenza ischemica in coronaropatia, se n’è discostata nella lettura dei reperti autoptici, concludendo che gli stessi deponevano per un apparato cardio vascolare già gravemente compromesso. Tale condizione ha alterato l’equilibrio emodinamico tanto che la morte del Carbone, verosimilmente, si è verificata per cause naturali, riconducibili alla evoluzione di patologie degenerative di cui il soggetto era portatore.

Rispetto alla difesa medico legale dell’imputato, sostenuta ed argomentata scientificamente dal dottor Mirko Massimilla, la famiglia del compianto Antonio Carbone ha tenuto precisare che la morte del maresciallo dei carabinieri non “è avvenuta per cause naturali”. “Nel referto – viene specificato – è infatti scritto che “si può affermare, con criterio di elevata probabilità logica prossima alla certezza e credibilità razionale, che se non vi fosse stato l’alterco e la conseguente correlata sofferenza psichica l’evento morte non sarebbe avvenuto in quelle condizioni di tempo e di luogo. Emerge pertanto un rapporto di causalità tra l’aggressione verbale e l’evento morte”.