L'ospedale Annunziata di Cosenza

COSENZA – Asp condannata a un maxi risarcimento per i familiare di un paziente, morto nel 2017 (rappresentata dall’avv. Massimiliano Coppa esperto in colpa medica), che ha esposto le ragioni tecnico giuridiche, lamentando plurime “condotte difettuali attive ed omissive” in capo ai sanitari che non aver tempestivamente diagnosticato e trattato una sepsi generalizzata dovuta al ritardo assistenziale e diagnostico che, successivamente, ha innescato una sofferenza multiorgano fino al decesso del paziente.

In particolare il Tribunale ha tracciato un quadro allarmante della vicenda, specificando che a seguito della perizia disposta dal Tribunale è risultato che “…la condotta dei sanitari della locale Azienda ospedaliera, hanno trovato riscontro nelle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio che, specie in materia di responsabilità sanitaria, può divenire fonte oggettiva di prova attesa l’innegabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti…”.

Scrive infatti il Tribunale che “…gli attori hanno allegato l’inadempimento dei sanitari, addebitando una condotta attendista del personale della struttura, nell’accertamento della condizione patologica e nel suo trattamento…”. La condotta dei sanitari, tuttavia, deve ritenersi censurabile atteso che il quadro patologico veniva diagnosticato (e conseguentemente anche trattato) tardivamente.

All’esito della disamina è possibile ritenere censurabile la condotta dei sanitari che non indicarono nel caso specifico alcun approfondimento diagnostico, con conseguente ritardo nella diagnosi e nel trattamento del quadro patologico instauratosi.

In particolare il ritardo realizzatosi consta di circa 30 ore nell’arco delle quali il quadro patologico si è aggravato a livello intraddominale portando a peritonite e ad un peggioramento del quadro clinico. In definitiva, gli ausiliari hanno chiarito che l’insufficienza multiorgano del soggetto deve essere correlata all’intempestività del trattamento.

In relazione all’incidenza del ritardo diagnostico i periti hanno chiarito che all’ingresso presso la struttura, le condizioni del paziente non vengono descritte come “scadute”, atteso che tale dizione emerge alle ore 15.47 (si veda diario clinico) e che “Tale specifico aspetto rende ragione del fatto che le condizioni scadute del soggetto non fossero in realtà da correlare alle patologie da cui lo stesso era affetto (tutte ad andamento cronico), ma ad un evento acuto che le condizionava in peggio, precisando che “l’evoluzione della patologia che ha determinato il decesso del paziente appare, a piena evidenza, come riconducibile all’attività dei sanitari della struttura convenuta non fosse altro perchè alcuna altra sequenza causale è in grado di giustificare razionalmente e scientificamente l’insorgere della MODS se non quella presa in esame dai Ctu nel proprio elaborato e nei successivi chiarimenti, ovvero nella patologia non tempestivamente diagnosticata e trattata. Tale circostanza, dunque, non può essere considerata sopravvenuta, ma entra a pieno titolo nella consecutio sopra proposta, in quanto a sua volta determinata dalla peritonite insorta a causa del colpevole ritardo diagnostico…”.