Guccione, Mazzuca, Capalbo

COSENZA – «Quattordici anni di commissariamento non sono bastati a cambiare, né migliorare lo stato di salute della sanità calabrese. La Calabria è l’unica regione ancora in Piano di Rientro a non aver ottenuto alcun avanzamento, non mostra progressi in termini di tutela della salute dei cittadini. Anche il commissario Roberto Occhiuto ha fallito».

Non hanno dubbi il presidente del Consiglio comunale di Cosenza, Giuseppe Mazzuca, il sindaco di Acri, Pino Capalbo, e il componente della Direzione nazionale del Partito Democratico, Carlo Guccione.

«Il presidente della Regione ha voluto fortemente che il Governo gli conferisse il ruolo di commissario alla sanità. Oggi minaccia le dimissioni perché i “suoi” alleati agiscono contro con l’obiettivo di togliere ulteriori risorse. Il fallimento, però, è sotto gli occhi di tutti: la Calabria – ricorda Giuseppe Mazzuca – continua ad essere agli ultimi posti per i Livelli essenziali di assistenza, registra il più alto tasso di emigrazione sanitaria, i nuovi ospedali restano ancora sulla carta mentre si scende in piazza per protestare contro il decreto che riorganizza la rete ospedaliera calabrese».

Il consiglio comunale di Cosenza «due anni fa approvava la localizzazione del nuovo ospedale nell’area di Vaglio Lise. Cosa è accaduto fino ad oggi? La Regione ha deciso di perdere ulteriore tempo con uno nuovo studio di fattibilità inserendo un nuovo sito – quello di Arcavacata – e per la prima volta si decide di lasciare nelle mani della società che vince la gara l’indicazione di un sito a suo piacimento. Un atto alquanto sui generis che ritarda in maniera ingiustificata la realizzazione del nuovo presidio Hub. Questo dimostra, purtroppo, che il commissario Occhiuto non intende far sorgere l’ospedale, ma l’obiettivo è quello di far nascere altrove un Politecnico e di lasciare in vita l’attuale Annunziata».

Il sindaco di Acri, Pino Capalbo, ha ricordato la battaglia che insieme ai suoi cittadini sta portando avanti a difesa dell’ospedale “Beato Angelo”. «Siamo passati da 32 a 26 posti letto. Un solo radiologo – di turno un giorno a settimana – non basta a far funzionare Tac e risonanza magnetica, inaugurate nel 2018. Due chirurghi a luglio e agosto andranno ufficialmente in pensione, il terzo ad ottobre».

Ciò significa che «non si potranno fare consulenze chirurgiche in Pronto soccorso, gli interventi multidisciplinari che erano previsti saranno soltanto in “day surgery”. È mancato un confronto con il presidente Occhiuto. La sanità non ha colore politico ma qui si stanno usando due pesi e due misure: San Giovanni in Fiore passa da 31 a 37 posti letto e anche Cariati, per la cui riapertura della struttura non posso che essere contento, aumenta le degenze da 0 a 31 posti letto. Secondo l’Agenas il nosocomio di Acri è quello che registra, tra gli ospedali di zona disagiata, il maggior numero di performance ed è considerato tra i migliori per la qualità dei servizi sanitari. Perché il commissario ad acta decide di ridurre qui i posti letto e aumentarli altrove? Sulla base di quali criteri?”.

Con la gestione Occhiuto «nulla è cambiato. La mobilità passiva continua a crescere, la Calabria registra il più alto tasso di migrazione sanitaria verso le altre regioni – 43 per cento – per quanto riguarda le cure oncologiche, il 12% dei cittadini rinuncia alle cure. La riorganizzazione della rete ospedaliere – specifica Carlo Guccione – rimane scritta solo all’interno dei Dca ma non diventa operativa, esiste una differenza abissale tra ciò che viene scritto o detto e quello che i pazienti constatano tutti i giorni, i pazienti sono costretti a lunghe permanenze nei pronto soccorso perché non vengono attivati i posti letto».

Infine: «Ancora attendiamo i posti letto per acuti che erano stati previsti con il Dca numero 64/2016. I Decreti sulla riorganizzazione ospedaliera non sono mai stati realmente applicati. Nel frattempo, siamo arrivati al quinto Piano operativo di prosecuzione del Piano di rientro e sono certo che, purtroppo, esisterà anche il Piano 2025-2028. Siamo davanti a un vero e proprio fallimento dell’istituto del commissariamento».

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