CATANZARO – In Calabria metà dei comuni non pubblicano elenco e informazioni sui beni confiscati alle mafie. Cinque comuni su dieci non pubblicano l’elenco.
Su 133 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati, 67 sono i comuni inadempienti. Primato negativo per i comuni della Provincia di Vibo Valentia e della Provincia di Crotone.
Il comune di Reggio Calabria, la Provincia di Crotone e la Regione Calabria senza appello: nessuna informazione sui beni confiscati destinati
Libera presenta “RimanDATI” il terzo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e con il prezioso contributo di ISTAT
In Calabria su 133 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati (in totale sono 1870 i beni destinati), nonostante la nostra domanda di accesso civico, il 50% dei comuni non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Il comune di Reggio Calabria, la Provincia di Crotone e la Regione Calabria totalmente inadempienti: nessuna informazione e nessun elenco sui loro siti istituzionali.
Libera presenta la terza edizione di “RimanDATI”, il Report nazionale che indaga lo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e, quest’anno, anche con un prezioso contributo di ISTAT. Il Report è stato realizzato grazie ad oltre 100 volontari in tutta Italia, che hanno partecipato a un percorso di formazione e di confronto al termine del quale si è creata una squadra di 41 persone, tutte attive a rilevare il livello di trasparenza degli enti locali.
Il report nazionale di Libera ha visto due fasi di monitoraggio sui 1100 comuni italiani destinatari di beni confiscati: una prima ricognizione, all’esito della quale erano 504 i comuni che pubblicavano l’elenco; successivamente, ai comuni è stata inviata la domanda di accesso civico, con la quale, dopo la prima ricognizione, è stata richiesto di pubblicare o aggiornare gli elenchi; infine, una seconda ricognizione condotta sui siti dei comuni che hanno risposto alla domanda di accesso civico semplice. A livello nazionale, il balzo in avanti nella direzione di una maggiore quantità di enti che pubblicano l’elenco è stato notevole: si è passati infatti dai 504 enti rilevati con la prima ricognizione ai 724 rilevati con la seconda, con un incremento della percentuale di circa 20 punti, dal 45,5% al 65,2%.
«I dati presentati – commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera – dimostrano la forza della comunità monitorante di Libera, che trova corrispondenza nei risultati raggiunti. Riteniamo fondamentale che accanto ai percorsi mirati a garantire il riutilizzo sociale, anche la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati e delle informazioni sui patrimoni confiscati siano elementi di primaria importanza».
In questo contesto, «la trasparenza deve essere considerata anch’essa un bene comune, confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli enti locali di mettere a disposizione di tutte e tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco. RimanDATI – prosegue Tatiana Giannone di Libera – è uno strumento per attivare rapporti con il mondo degli enti territoriali di prossimità, che sono ingranaggio fondamentale dell’intera filiera della confisca e del riutilizzo, e per far crescere in modo esponenziale le storie di rigenerazione intorno ai beni confiscati, preservando lo strumento della confisca nel suo senso risarcitorio più profondo».
E, ancora: «Stiamo attraversano un periodo in cui dal governo arrivano segnali contrastanti sul sostegno agli enti locali: basti pensare a tutte le misure definanziate all’interno del PNRR, fino ad arrivare al disegno di legge sull’autonomia differenziata, che bloccherebbe lo sviluppo di intere aree del nostro Paese. Inoltre, sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: nel dibattito pubblico si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità che affliggono la materia e si rafforza la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini».
Messaggi che «convergono su una lettura superficiale e ingiusta, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo ribadiamo con forza e convinzione: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità».
La base di partenza del lavoro di monitoraggio, per Libera «coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati” i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali. In Calabria sono 133 i comuni destinatari di beni immobili confiscati, di questi 67 quelli che non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 50% del totale, mentre sono 66 quelli che pubblicano le informazioni sui patrimoni confiscati loro destinati».
Il primato negativo «spetta ai comuni della Provincia di Vibo Valentia dove su 20 comuni destinatari di beni confiscati, ben 13 non pubblicano l’elenco; non meglio la fotografia per i comuni della Provincia di Crotone dove su 11 comuni sono 6 quelli non pubblicano elenco, segue la Provincia di Cosenza con 7 comuni che non pubblicano sui 19 complessivi e la Provincia di Reggio Calabria con 33 comuni che non pubblicano sui 67 destinatari di beni confiscati. Per i comuni della Provincia di Catanzaro su 16 comuni, la metà sono inadempienti».
Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. «Ai fini della nostra ricerca – che mira a stimolare la pubblicazione di dati pienamente e compiutamente fruibili e dunque in formato aperto – abbiamo considerato, nella percentuale dei comuni che pubblicano, esclusivamente quelli che lo fanno in formato tabellare. Tutte le altre tipologie di pubblicazione, nella valutazione complessiva, vengono associate alla categoria “elenco non presente”. In Calabria 26% dei comuni pubblicano in formato aperto e il 19% in formato PDF ricercabile. Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 52,6 % dei comuni non specifica i dati catastali, il 51% non specifica la tipologia, e ben il 70% non specifica la consistenza (informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato)».
La ricerca analizza nello specifico «le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 724 comuni che hanno pubblicato l’elenco, abbiamo costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 71.6 punti. La regione Calabria con un ranking regionale pari a 65.9 è al di sotto della media insieme ad altre 8 regioni: Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Veneto. Tra i comuni capoluoghi di provincia, pubblicano l’elenco il Comune di Cosenza, Vibo, Catanzaro e Crotone, mentre il comune di Reggio Calabria (32 beni assegnati) utilizza un portale web dedicato ma non pubblica alcun dato nella sezione Amministrazione Trasparente, motivo per cui è considerato inadempiente».
«Deve essere chiaro – conclude Giuseppe Borrello, Referente regionale di Libera Calabria – che la lotta alla ‘ndrangheta passa, anche, dal rispetto, da parte delle amministrazioni territoriali, dell’obbligo della trasparenza sui beni confiscati. Infatti, la pubblicazione di tali dati diventa presupposto fondamentale per consentire il concreto riutilizzo pubblico e sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata e la restituzione di essi alla collettività».
E’ proprio attraverso queste azioni che «si va a completare l’importante lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura che inizia con il sequestro di tali beni. Dispiace, purtroppo, constatare che le amministrazioni locali di territori, interessati ultimamente da importanti operazioni di polizia, non abbiano acquisito un’adeguata sensibilità che li abbia portati ad ottemperare tale obbligo di trasparenza previsto dal Codice Antimafia, e ciò nonostante la nostra domanda di accesso civico. Il nostro auspicio è che l’evidenza di questi dati, che, comunque, hanno registrato un sensibile miglioramento rispetto alla precedente edizione, possa portare gli enti territoriali calabresi a fare un ulteriore passo in avanti per essere all’altezza del momento storico che la nostra regione sta vivendo».
stefaniasapienza@calabriainchieste.it