Home Opinioni Quella maledetta e sciagurata riforma del 2001 contro il Sud

Quella maledetta e sciagurata riforma del 2001 contro il Sud

I Comuni si sono visti ridurre drasticamente le rimesse statali e costretti a far pagare molti servizi ai cittadini con tariffe spesso esose ed insopportabili per famiglie colpite dalla disoccupazione o dalla miseria

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La riforma è quella del Titolo V della Costituzione,

divenuta legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001, perché è su di essa che oggi trovano fondamento sia l’Autonomia differenziata- progetto Calderoli, che questo governo si appresta a varare, ma anche la grave condizione debitoria in cui oggi versano centinaia di Comuni meridionali. L’articolo 114 della Costituzione del 1948 che recitava “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” è stato sostituito con il seguente: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (1° comma). I Comuni, le Province, le città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi posti dalla Costituzione (2° comma)”. Abrogati gli articoli 115,124,128,129 e 130, tutti gli altri fino al 133 hanno costruito una nuova architettura costituzionale dello Stato nella quale esso non è più primario e centrale nelle decisioni riguardanti l’eguaglianza dei diritti di tutti gli italiani ma soltanto residuale, non a caso collocato per ultimo nell’elenco del primo comma dell’art.114. E’così scomparso quanto contenuto nel vecchio art. 117 nel quale stava scritto che le Regioni potevano legiferare nell’ambito delle materie di propria competenza “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e sempre che le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello delle altre Regioni”. Così la porta alla riduzione delle rimesse statali al sud ed al regionalismo differenziato era aperta.

Da quella maledetta riforma costituzionale discende in gran parte il peggioramento delle già gravi condizioni del Mezzogiorno; la prossima approvazione dell’autonomia differenziata darà a tutto il sud il colpo definitivo. Nel 2001, col PD a guidare i rottamatori dell’Unità nazionale, purtroppo vi fu anche l’avallo di un Referendum popolare confermativo nel quale votarono il 34,1% degli elettori; in quella tornata l’affluenza alle urne fu ancora più bassa nel Sud dove sarebbero ricaduti gli effetti negativi della riforma (capacità del potere a convincere- incapacità popolare a capire).

  1. Oggi più di 200 Comuni del Mezzogiorno sono in dissesto finanziario; commissariati più volte, sciolti i loro consigli comunali, con personale sempre più ridotto a causa del blocco delle assunzioni, con i tributi locali all’aliquota massima, con assoluta carenza di fondi per opere infrastrutturali, spesso impossibilitati a fornire i servizi minimi di civiltà ai loro cittadini. Tutti questi Comuni sono precipitati nell’inferno dopo il 2001 quando lo Stato ha incominciato ad abbandonare la sua Sovranità-Unità e con essa il principio costituzionale di dover garantire l’eguaglianza reale tra tutti i cittadini, delegandone, invece, gran parte alle Regioni ed alle sue molteplici legislazioni. I Comuni si sono visti ridurre drasticamente le rimesse statali e costretti a far pagare molti servizi ai cittadini con tariffe spesso esose ed insopportabili per famiglie colpite dalla disoccupazione o dalla miseria; i bilanci sono saltati anche per una serie di interventi e spese prima coperte dallo Stato e poi traslate sui Comuni ma senza contribuzione centrale.
  2. Quasi tutti questi 200 e più Comuni del Sud oggi non possono accedere neanche ai fondi del PNRR perché non posseggono i requisiti necessari, non hanno la possibilità di progettazione- programmazione per assoluta mancanza di personale qualificato, non hanno le risorse finanziarie proprie per anticipare quanto necessario nel corso di un’opera eventualmente assegnata ed in attesa delle rimesse centrali, non hanno bilanci regolarmente approvati. Da ciò consegue che quelle risorse europee assegnate all’Italia principalmente per la rinascita del suo Sud verranno utilizzate nel suo ricco Nord; “supra corna, mazze” recita un nostro vecchio proverbio.
  3. I debiti che i Comuni del Mezzogiorno in dissesto hanno accumulato sono quantificabili in non meno di du-tre miliardi di euro (tra loro grossi Comuni come Catania ed Avellino) e nessuno di loro è nelle condizioni di poter approntare un piano di rientro credibile e fattibile; essi non potrebbero recuperare questa enorme massa debitoria nemmeno se bloccassero tutte le uscite e riducessero le loro città e paesi a paesaggi di morte. Soltanto lo Stato, se non fosse per i vincoli e gli impedimenti costituzionali in gran parte derivanti da quella maledetta riforma del 2001, potrebbe azzerare quei debiti; ma questo governo, pur potendo aggirare quei vincoli, non lo farebbe egualmente perché la maggioranza di questi Comuni sono amministrati dal centro-sinistra, anche se molti hanno ereditato la situazione debitoria da amministrazioni precedenti di diverso colore, a volte di centro-destra, a volte di civiche guidate da ras locali affaristi e mafiosi, a volte da sedicenti “sinistri” altrettanto lestofanti e ladroni. Ora Salvini, Berlusconi e Meloni con l’Autonomia differenziata approvata anche dai loro governatori meridionali tra i quali il nostro Occhiuto, hanno una ragione ben forte per non intervenire facendo suonare le campane a morto sul Mezzogiorno abbandonato e lasciato al proprio destino.
  4. Si sbagliava Costantino Mortati quando in Assemblea costituente diceva “un sano decentramento regionale inteso come strumento per l’attuazione di una maggiore giustizia distributiva tra parti e parti della nazione, può contribuire al rafforzamento dell’Unità del paese”; non poteva prevedere il terzo sacco di Roma con gli Ostrogoti cornuti che portano tutto il tesoro verso Milano e non verso Cosenza. Tra qualche anno invece l’Italia come nazione nata nel 1861 non ci sarà più perché sotto mentite spoglie le regioni ricche del nord stanno portando a termine l’originario progetto della Liga Veneta e Lombarda, quello di una Padania separata di fatto dal resto del paese che si continuerà a chiamare Italia. Mentre il Mezzogiorno anziché diventare una polveriera diventa sempre di più una palude.       

                                                                                              Prof. Alfonso Lorelli