CATANZARO – Venti condanne, una prescrizione e 6 assoluzioni si è chiuso così il processo di primo grado nei confronti di 26 imputati, giudicati con rito abbreviato, coinvolti nell’inchiesta antimafia Black Wood, contro la cosca Ferrazzo con i suoi tentacoli sulla lavorazione della legna nella centrale a Biomasse di Cutro“Serravalle Energy” per la produzione di energia elettrica.
Il gup distrettuale, ha condannato: Pietro Fontana, 14 anni, un mese e 10 giorni di reclusione; Giovanni Foresta, 8 anni, 1 mese e dieci giorni di reclusione; Domenico Grano, 1 anno e 4 mesi di reclusione; Giuseppe Grano, 8 anni e 6 mesi di reclusione; Rosario Piperno, 8 anni e 2 mesi di reclusione; Giovanni Corrado, 1 anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione; Oreste Vona, 2 ani e 8 mesi di reclusione; Antonio Sirianni, 1 anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione; Costantino Tallarico, 1 anno e 4 mesi di reclusione; Francesco Serrao, 6 anni di reclusione; Salvatore Serrao, 17 anni e 6 mesi di reclusione; Pierluca Pollizzi, 7 anni e 4 mesi di reclusione; Santo Fuoco, 7 anni e 2 mesi di reclusione; Luigi Mannarino, 14 anni e 4 mesi; Francesco Manfreda, 8 anni e 4 mesi di reclusione; Giuseppe Manfreda, 7 anni e 4 mesi di reclusione; Antonio Manfreda, 7 anni e 6 mesi di reclusione; Vincenzo Mantia, 10 anni e 10 mesi di reclusione; Fortunato Matarise, 7 anni e 4 mesi di reclusione; Nicola Miletta, 7 anni e 4 mesi di reclusione.
Il giudice ha assolto Armando Ferrazzo, per non aver commesso il fatto come richiesto dalla Dda, Gianfranco Catalano, perché il fatto non costituisce reato; Massimo Urso, perché il fatto non costituisce reato; Salvatore Pantò, perché il fatto non costituisce reato; Antonio Cullò, perché il fatto non costituisce reato e Francesco Serra, perché il fatto non costituisce reato.
Disposto il non luogo a procedere nei confronti di Ernesto Iannone, per intervenuta prescrizione.
Le accuse, a vario titolo, sono di: associazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti, estorsioni, turbativa d’asta, reati in materia di stupefacenti, concorso esterno in associazione mafiosa. Il clan, per la Dda turbava appalti, vessava con estorsioni imprenditori e commercianti, gestiva le piazze dello spaccio a Mesoraca e Petilia Policastro e, soprattutto, aveva imponenti interessi nell’indotto economico costituito dall’area boschiva silana delle province di Crotone e Catanzaro. Tant’è che molti degli imputati sono titolari di aziende di settore, che operano nel taglio e nella lavorazione del materiale legnoso, che veniva conferito, successivamente, alle centrali a biomasse, di Cutro e a quelle di Crotone e Strongoli di Biomasse Italia.