Questa è la storia di una detenuta in attesa di giudizio la cui gravidanza potrebbe essere messa a rischio. Nella stessa struttura ci sono altre 90 donne recluse e nessuno specialista. Tanto che, lo scorso anno, nel mese di luglio, un’altra detenuta in stato di gravidanza ebbe un malore e fu portata in ambulanza in ospedale ma perse il suo bambino. A denunciare il caso Valeria Verdolini, presidente della sede lombarda dell’associazione Antigone.
«Milano rappresenta un’anomalia in Italia, e continua a prevedere l’invio in carcere per donne in gravidanza, mettendo a rischio la loro salute e quella del bambino, proprio perché le strutture non sono adeguate per questo tipo di presa in carico».
Il 30 maggio scorso «è infatti entrata in vigore un’ordinanza della Procura di Milano secondo la quale è diventato obbligatorio l’ingresso in carcere per le donne incinta o con un bambino di un anno di età e per le quali è stato previsto un ordine di esecuzione di arresto».
Una decisione che ha sollevato diverse polemiche anche della Camera Penale, poiché la Procura aveva revocato una circolare del 2016 dove si raccomandava di non eseguire questa tipologia di ordini di arresto.
«La detenuta ha ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare presso l’Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri), ma la struttura a custodia attenuata non prevede una copertura sanitaria h24, e quindi si è proceduto alla collocazione presso la casa circondariale milanese, dove tuttavia, non è presente un ginecologo».
Eppure, «un ginecologo dovrebbe esserci d’organico a San Vittore, soprattutto perché vi sono rinchiuse 90 donne. C’è disponibilità ma solo su appuntamento. E se sopraggiunge un’emergenza?».
Oggi «le forze dell’ordine sono obbligate, in presenza di un ordine di esecuzione, ad accompagnare queste persone in carcere in attesa che il magistrato di sorveglianza prenda atto delle condizioni che ne impediscono la permanenza».
L’associazione auspica che «si faccia prevalere la salute delle donne e dei bambini e che sia possibile applicare la sospensiva sia per chi è in attesa di giudizio che per chi è in definitiva: la durata della pena cioè non viene toccata ma solo rimandata per tutelare la madre e il figlio».