Uno sbarco di migranti

LAMEZIA TERME – E’ stato identificato il corpo del bambino che era stato recuperato il 14 aprile 2024 dalla Guardia Costiera di Vibo Valentia, su segnalazione di un pescatore, nelle acque antistanti l’area industriale di Lamezia Terme, nel tratto di mare compreso fra l’ex pontile SIR e la foce del fiume Amato.

Immediatamente si è sospettato che potesse trattarsi del corpo di un bambino extracomunitario, dell’apparente età di 6/8 anni, di origine extracomunitaria, annegato durante uno dei tanti viaggi della speranza, attraverso i quali dalle coste del Nord Africa, a bordo di imbarcazioni a volte precarie, persone in cerca di un futuro migliore, tentano disperatamente di raggiungere le coste dell’ Italia.

A seguito del rinvenimento del corpo, la Procura della Repubblica di Lamezia Terme ha incardinato un procedimento penale nei confronti di persone ignote responsabili di immigrazione clandestina, delegando ogni utile indagine finalizzata ad individuare la tratta e le dinamiche del naufragio oltre che, ovviamente, ad identificare i resti del corpo recuperato.

Veniva, quindi, disposto l’esame autoptico sul cadavere e conferito incarico di consulenza tecnica per gli accertamenti di genetica, volti all’estrazione e tipizzazione del Dna per eventuali successive comparazioni.

L’attività info-investigativa condotta dal personale del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme si concentrava preliminarmente sull’analisi delle segnalazioni provenienti da altri uffici di polizia, relative a sbarchi avvenuti sulle coste meridionali del territorio nazionale o a rinvenimenti in mare di soggetti deceduti, oltre a prevedere un’attenta ricognizione di informazioni attinenti al particolare fenomeno, rilevabili dalle cosiddette fonti aperte.

Particolarmente utile la notizia del rinvenimento dei resti del bambino, diffusa il 27 maggio, consentendo agli investigatori di acquisire significativi elementi per la prosecuzione delle investigazioni finalizzate all’identificazione dei poveri resti umani.

I primi giorni di giugno, infatti, una donna vicina all’Associazione MEM.MED-Memoria Mediterranea ha contattato gli Uffici del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme e ha fornito ai poliziotti impegnati nelle indagini informazioni relative al naufragio di un gommone, avvenuto fra il 5 ed il 6 febbraio scorso, con a bordo 18 migranti, partiti da Bizerte (Tunisia) e diretti in Sardegna, dove non sono mai arrivati.

Nel corso delle indagini è emerso che i familiari delle 18 vittime, tutte disperse, consapevoli del verosimile tragico epilogo del viaggio, si erano premuniti di trasmettere alle autorità consolari tunisine l’elenco dei 18 migranti, completo dei rispettivi profili genetici, da utilizzare per la comparazione finalizzata all’identificazione, nel caso in cui i corpi fossero stati recuperati.

Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di rintracciare una donna che aveva perso, nel naufragio del 5/6 febbraio, il marito e il figlio di 6 anni. Le interlocuzioni con le Autorità consolari tunisine di Napoli hanno consentito di ottenere il profilo genetico della donna che si ipotizzava potesse essere la madre del bambino trovato dall’equipaggio della Guardia Costiera di Vibo Valentia il 14 aprile scorso.

La conferma alle risultanze investigative raccolte dai poliziotti del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme è venuta dalla comparazione del profilo genetico estrapolato dai resti del corpo del bambino, nell’ambito di consulenza medico legale disposta dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, con quello fornito dal Consolato tunisino di Napoli, a seguito della quale i resti del bimbo recuperati in mare sono risultati essere quelli del piccolo di 6 anni, partito con il suo papà nel vano e disperato tentativo di per raggiungere le coste della Sardegna.

Il bambino si chiamava Anás. Il suo papà risulta ancora disperso. Sono in corso le necessarie interlocuzioni con le Autorità consolari di Tunisia volte al rimpatrio della salma del piccolo. (redazione@corrierecal.it)