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Detenuto cetrarese rifiuta le cure per il mancato trasferimento al carcere di Rossano

I suoi legali sollecitano il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ad accogliere l'istanza. L'uomo è in carcere a Saluzzo e sta scontando una pena a sedici anni per l'inchiesta Frontiera

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La cella di un carcere

CETRARO (Cs) – Si aggravano le condizioni di salute di P. M. F. recluso presso il carcere di Saluzzo (Cuneo). L’uomo, ritenuto intraneo al clan Muto, sta scontando una condanna a 16 anni per l’inchiesta Frontiera del 2016. (https://www.calabriainchieste.it/2024/08/06/urge-un-intervento-maxillofacciale-ma-il-dap-nega-lautorizzazione-al-detenuto/).

I suoi legali inoltrano istanza di sollecito al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ai fini del trasferimento definitivo presso il carcere di Rossano, o presso altra struttura calabrese ritenuta idonea, al fine della tutela dei suoi diritti consentendogli le cure necessarie.

L’istanza di sollecito al Dap degli avvocati Giovanni Salzano e Manuela Gasparri del Foro di Paola è stata inviata per conoscenza anche all’Ufficio di Sorveglianza di Cuneo e al Garante regionale dei diritti delle persone detenute Bruno Mellano.

L’uomo durante un trasferimento temporaneo per colloqui familiari presso il carcere di Rossano aveva inoltrato domanda di trasferimento definitivo al Dap che è stata rigettata.

Nella nuova istanza i legali Salzano e Gasparri evidenziano che: “Le ragioni familiari compiutamente documentate all’inoltro della domanda e rispondenti ai requisiti richiesti dalla circolare Gdap 0074437-2014 sono ulteriormente rafforzate dalla mancata possibile fruizione di un permesso di necessità”, prima concesso e poi considerato nullo stante il ritorno dell’uomo presso la casa di reclusione di Saluzzo.

Inoltre, il detenuto, durante il periodo di collocamento presso il carcere di Rossano, a causa delle condizioni di salute non ha potuto incontrare né la figlia minore e neanche gli anziani genitori.

L’area sanitaria della casa circondariale di Saluzzo ha attestato l’impossibilità di prestare le cure odontoiatriche necessarie al detenuto. Tutte circostanze già note al Dipartimento.

“Il rigetto di quanto richiesto in data 30 luglio 2024 ha provocato una forte crisi psicologica nell’uomo – sottolineano i due legali – che si vede privato del diritto a curarsi, ove può a proprie spese, e della negata possibilità di vedere i propri cari, affetti da patologia documentata sia al Dipartimento che al magistrato di sorveglianza.

A seguito dei continui rifiuti delle istanze il detenuto in segno di protesta rifiuta le terapie a cui si deve sottoporre, come attestato dal carcere di Saluzzo.

Gli avvocati precisano inoltre che P. M. F.  sin dall’inizio della custodia cautelare ha tenuto una condotta integerrima e ha sempre partecipato all’opera di rieducazione ai fini del suo più efficace reinserimento nella società.

“Le ragioni familiari e di salute che hanno indotto l’uomo alla protesta non violenta, che lede solo lo stesso detenuto, trovano riscontro e fondamento nella Costituzione e nell’ordinamento penitenziario – insistono i legali – Parte integrante del trattamento penitenziario è garantire i rapporti tra il detenuto e la propria famiglia di origine al fine del reinserimento garantendo le cure necessarie a chi è sotto la responsabilità dello Stato e dell’Istituzione penitenziaria, nel rispetto dell’umanizzazione della pena in un’ottica di reinserimento”.

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it