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Standing ovation per il docufilm sul delitto di Losardo, sconfitta morale del clan Muto (FOTO)

Straordinario successo per la proiezione del docufilm della regista Giulia Zanfino “Chi ha ucciso Giovanni Losardo”, dedicato alla vittima di mafia uccisa in un agguato ‘ndraghetista il 20 giugno 1980

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CETRARO (Cs) – Diversi minuti di applausi, con tanto di standing ovation, del pubblico che ieri sera ha affollato il porto di Cetraro, hanno suggellato lo straordinario successo della proiezione del docufilm della regista Giulia Zanfino “Chi ha ucciso Giovanni Losardo” dedicato alla vittima di mafia Giannino Losardo, ucciso in un agguato ‘ndraghetista il 20 giugno 1980.

Per quel delitto venne arrestato il capo della locale ‘drina, Franco Muto perché ritenuto il mandante dell’omicidio, ma dopo un lungo processo che si tenne a Bari, fu prosciolto da ogni accusa. Dopo ben quarantaquattro anni esecutori e mandanti di quell’omicidio sono ancora impuniti.

Il docufilm, costato cinque anni di lavoro e racchiuso in oltre un’ora di proiezione, riaccende i riflettori su un passato finito forse nel dimenticatoio, ma ancora scolpito a fuoco nella memoria di quanti hanno vissuto l’incubo degli anni ’70 e ’80 in cui la figura di Losardo emerge in tutta la sua grande caratura politica e integrità morale.

Anni di piombo per la cittadina di Cetraro, teatro di ben 13 omicidi, intimidazioni, taglieggiamenti, gambizzazioni e casi di lupara bianca, stretta nella morsa del clan Muto che spadroneggiava facendo il bello e il cattivo tempo, forte delle connivenze occulte del potere politico, delle istituzioni, ad alti livelli, e della magistratura deviata.

E’ in questa oscura palude che si erge la figura di Giovanni Losardo, magistralmente interpretato da Giacinto Le Pera, procuratore capo della Procura di Paola, dirigente dell’allora Partito comunista, assessore comunale e sindaco (per pochi mesi) di Cetraro.

Losardo, coraggiosamente e ben consapevole dei rischi che correva, cercava di contrastare con tutte le sue forze lo strapotere del clan Muto forte delle sue molteplici attività illecite, favorite da silenzi, omertà e collusioni ad alti livelli politico-istituzionali, firmando così la sua condanna a morte.

Il film inizia e finisce con una domanda che attende ancora una risposta: “Chi ha ucciso Giovanni Losardo?”,  a tratti intervallato dalle testimonianze del figlio Raffaele, dell’allora pm Leonardo Rinella, del consigliere comunale Tommaso Cesareo, del magistrato Eugenio Facciolla, dei giornalisti Arcangelo Badolati e Guido Scarpino e delle vedove di Lucio Ferrami e Pompeo Brusco, entrambi uccisi dalla ‘ndrina.  

Puntigliosa l’intervista al boss Franco Muto, oggi in regime di detenzione domiciliare dopo la condanna a 20 anni di carcere per l’inchiesta Frontiera e sfuggito al carcere duro del 41 bis per motivi di salute.

Il mammasantissima, per nulla intimorito dalle telecamere, mostra un atteggiamento spavaldo e arrogante, ribatte alle domande incalzanti della Zanfino dando la sua versione sul delitto Losardo e su altri omicidi avvenuti in quegli anni.

L’opera, cofinanziata da Calabria Film Commition con il patrocinio della Commissione Nazionale Antindrangheta e interpretata da un cast di attori tutti calabresi, è stata volutamente presentata nel porto di Cetraro, un tempo luogo simbolo dello strapotere del clan, restituito alla collettività dopo l’abbattimento della pescheria di Muto nel 2006, è oggi sede di tanti eventi culturali.

 La comunità di Cetraro ha risposto con forza all’importante evento che, forse per la prima volta, in tanti anni segna la sconfitta morale del potere criminale di un clan tra i più potenti del panorama internazionale. Un nome, quello di Franco Muto, fino a dieci anni fa impronunciabile per timore di ritorsioni e che, invece ieri sera è riecheggiato forte nel porto, senza paura o condizionamenti.

Unica nota stonata in una serata di riscatto l’assenza dei pescatori, categoria che come ha rivelato l’inchiesta Frontiera sarebbe sottomessa al volere del clan per quanto riguarda il mercato del pesce, monopolio assoluto dei Muto che in oltre quarant’anni di attività avrebbe fruttato al clan enormi guadagni.

Emblematica, infatti, la vicenda del mercato ittico chiuso da anni perché snobbato dai pescatori e dagli stessi imprenditori. Nessuno di essi, infatti, ha mai risposto ai bandi, ben cinque andati tutti deserti, indetti dall’amministrazione comunale per la gestione della struttura. Segno che c’è ancora tanto da fare per combattere la paura che suscita un potere criminale così forte e consolidato.

Alla proiezione del film, al quale hanno partecipato oltre ai familiari di Losardo, le massime autorità, civili, politiche, militari e religiose, è seguito un dibattito al quale hanno partecipato insieme alla regista Giulia Zanfino: Saverio Di Giorno, ricercatore autore di “Sodomia, vita di un boss e di un operaio”; Raffaele Losardo, figlio di Giovanni Losardo; Mauro Nigro, produttore e direttore della fotografia; Francesco Saccomanno, Comitato Politico Nazionale Prc-Se; Don Ennio Stamile, presidente associazione San Benedetto Abate; Eugenio Facciolla, magistrato; Amalia Bruni, vicepresidente della Commissione regionale antindrangheta. 

Nel corso del dibattito sono scaturiti diversi spunti di riflessione e tante domande che attendono ancora una risposta, come ad esempio le connivenze, a vari livelli, tra magistratura, politica e amministratori che hanno favorito la crescita indisturbata del clan ostacolando il lavoro di Losardo, lasciato solo a combattere contro un nemico, all’epoca invincibile.

E poi il segreto sulle ultime parole rivelate da Losardo in punto di morte all’avvocato suo amico fraterno e da questo ad oggi mai rivelate alla famiglia.

Insomma, tanti gli interrogativi, sui quali è doveroso fare luce con nuove indagini, per scovare, finalmente  i colpevoli e dare a Giannino Losardo il giusto riconoscimento che merita affinché il suo estremo sacrificio della vita per amore della legalità e giustizia non rimanga soltanto un ricordo, da celebrare ogni tanto, ma svegli le coscienze di tutti, soprattutto quelle dei giovani, ad impegnarsi e a lottare ogni giorno, attivamente contro la mafia, il malaffare e le ingiustizie.

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it