Per il giudice del Tribunale di Paola, l’imputato era stato sorpreso in più occasioni dai Carabinieri di Cetraro mentre si trovava alla guida di un motoveicolo sprovvisto della patente di guida, essendogli stata precedentemente revocata dalla Prefettura di Cosenza.
Infatti il 19 febbraio 2020, i militari lo fermavano e, dopo averlo identificato, gli contestavano la prevista sanzione amministrativa. Successivamente, il 14 ed il 21 maggio 2021, P.I., non si fermava all’alt dei Carabinieri, dandosi alla fuga al fine di eludere i controlli giacché sprovvisto di patente e recidivo.
Pertanto, a fronte di tali elementi, ed essendo pacifica ed incontestata la mancanza del titolo di guida, l’imputato era stato giudicato colpevole e condannato, non essendo stato offerto alcun elemento che potesse far dubitare della veridicità di quanto attestato dai Carabinieri.
Nonostante la difesa lamentava l’assenza di prova della recidiva nel biennio che andava fornita in giudizio dal Pubblico Ministero, per il Giudice “è difficile comprendere che cosa materialmente avrebbe dovuto produrre l’accusa per provare l’intangibilità dell’accertamento”.
La Corte di Appello di Catanzaro, Terza Sezione Penale, all’esito della camera di consiglio, lette le conclusioni rassegnate dal sostituto procuratore generale Luigi Maffia che chiedeva la conferma della sentenza impugnata e dei difensori Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri, decideva di riformare la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Paola assolvendo l’imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste, con motivazione contestuale.
In particolare, la Corte, ha ritenuto “fondato il motivo di gravame con il quale si deduce la mancata dimostrazione, da parte dell’accusa, dell’elemento costitutivo della ‘recidiva nel biennio’, che caratterizza la fattispecie contravvenzionale per cui si procede.
Non può non rilevarsi che, come dedotto dal difensore, nessuna dimostrazione è stata fornita dal pm in ordine alla definitività della precedente violazione contestata all’imputato, atteso che agli atti del fascicolo processuale risulta acquisito solo il verbale di contestazione del 19 febbraio 2020 e non, come sarebbe stato necessario, l’esito delle mirate indagini svolte dagli operanti allo scopo di verificare se tale verbale sia stato impugnato e quale sia stato l’esito del procedimento amministrativo avviato nei confronti dell’imputato”.
Ne consegue, quindi “la riforma della sentenza impugnata con l’assoluzione di P.I. dal reato ascrittogli perché il fatto, in difetto della prova di un elemento costitutivo essenziale, non sussiste.”.