COSENZA – La morte di Donato Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza deceduto lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989, è collegata alla famiglia di Isabella Internò, «in quel contesto ambientale basato sul concetto di onore, è maturato l’omicidio».
A dirlo l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo, che oggi ha preso la parola davanti alla Corte d’assise di Cosenza nel processo a carico dell’ex fidanzata di Bergamini, imputata per omicidio volontario in concorso con ignoti.
Nelle quattro ore di discussione, il legale ha ripercorso le fasi successive alla tragedia di Roseto Capo Spulico evidenziando come tutti gli accertamenti svolti all’epoca per comprendere l’accaduto siano stati fatti superficialmente.
Il legale si è soffermato anche su ciò che hanno visto i testimoni Forte e Rinaldi, presenti sul luogo della tragedia che, sentiti nel corso delle udienze, hanno riferito entrambi di aver visto sul luogo una macchina scura, oltre alla Maserati di Bergamini.
Dichiarazioni che a giudizio di Anselmo avvalorerebbero l’ipotesi della presenza dei familiari della Internò sul posto. Infine, il legale ha chiesto alla corte presieduta da Paola Lucente di mettersi nei panni della famiglia Bergamini e in special modo di Donata, sorella di Denis.
«Pensate – ha detto – al cuore e al fegato che ha avuto questa donna fino a qui, sentire parlare in quel modo disonesto di suo fratello, ragazzo semplice e cristallino. Pochi giorni fa avrebbe compiuto 62 anni. Io – ha concluso Anselmo mentre Donata Bergamini lasciava l’aula trattenendo a stento le lacrime – nel corso della mia lunga carriera, ho imparato che quando cambiano le persone cambia la giustizia. E la giustizia deve essere fatta da queste persone. Oggi vi ho dimostrato che erano milioni i motivi per indagare. Vi chiedo giustizia».
Domani prenderanno la parola gli altri due legali della famiglia Bergamini, Alessandra Pisa e Silvia Galeone (ansa).