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Trucidato con 4 colpi di pistola un anno fa, i killer di Cataldo ancora senza volto

Quel 9 novembre 2023 il cetrarese Alessandro Cataldo è stato freddato con due proiettili al mento e due in pieno petto, sparati a distanza ravvicinata proprio davanti alla pizzeria di sua proprietà. Oggi è un delitto impunito

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CETRARO (Cs) – È trascorso quasi un anno da quel 9 novembre 2023 in cui è stato ucciso Alessandro Cataldo, 46 anni, sposato e padre di due figlie, pregiudicato, freddato con quattro colpi di pistola (due al mento e due in pieno petto), sparati a distanza ravvicinata, proprio davanti alla pizzeria di sua proprietà, sita sulla strada che conduce al porto di Cetraro.

Dopo il clamore mediatico dei primi giorni e l’allarme sociale provocato dall’onda emotiva, su quell’omicidio si sono spenti i riflettori e la vicenda sembra essere finita nel dimenticatoio. Nessuno ne parla più, né al momento vi è alcun significativo risultato in termini investigativi.

Ma i familiari di Cataldo non ci stanno e vogliono che questo muro di silenzio sia spezzato affinché gli assassini del loro congiunto, esecutori e mandanti, siano assicurati alla giustizia.

Ancora oggi, infatti, non riescono a darsi pace sulle motivazioni di quel terribile omicidio: «Alessandro era una persona buona e gentile con tutti, ma negli ultimi tempi era tormentato per qualcosa anche se non ci ha mai raccontato nulla, forse per non farci preoccupare».

A uccidere Cataldo, attorno alle ore 21:00 di quel 9 novembre 2023 sarebbero state due persone non ancora identificate, nonostante le telecamere di videosorveglianza dell’area.

I due killer, professionisti del crimine, avevano il volto nascosto dalla visiera dei cappelli e dopo il delitto si sarebbero allontanati rapidamente a bordo di un ciclomotore facendo perdere ogni traccia.

Ironia della sorte, il fattaccio è accaduto nonostante il territorio, a quell’ora, fosse presidiato da uno stuolo di carabinieri per un’operazione ad alto impatto contro la criminalità.

L’omicidio, nell’immediatezza dei fatti, aveva suscitato tanta paura e preoccupazione nella comunità cetrarese, già allarmata per il tentato omicidio di Guido Pinto, preparatore atletico e titolare di una palestra, gravemente ferito a colpi di kalashnikov in un agguato il 21 giugno 2022.

Da indiscrezioni trapelate pare che il motivo alla base dell’uccisione di Alessandro Cataldo sarebbe scaturito dal fatto che l’immobile, da lui acquistato all’asta e adibito a pizzeria, avesse fatto gola anche ad altri soggetti legati agli ambienti della criminalità organizzata.

Proprio a questa vicenda potrebbe essere collegato l’attentato incendiario subito da Cataldo nell’estate 2020 che aveva distrutto, in parte, il nuovo forno della pizzeria di sua proprietà, a pochi giorni dall’inaugurazione.

«Complimenti a chi è stato – venite a casa che vi aspetto, commentava Alessandro Cataldo su Facebook, quasi in segno di sfida – queste cose che avete fatto neanche i bambini li fanno. Se avete le palle venite da me, sono a casa che non posso uscire. Per me non servite a niente, ricordatevi».

Un tragico destino il suo che, all’età di tre anni, aveva perso il padre, guardia giurata, ucciso durante una rapina alla banca di Cetraro paese nel 1980.

Una fedina penale non certo immacolata quella di Alessandro Cataldo. Nel 2005 a seguito dell’inchiesta “Azimuth” contro il clan Muto era finito in carcere, ottenendo poi un risarcimento per ingiusta detenzione a seguito dell’assoluzione.

Nel 2010 era rimasto coinvolto nella maxi operazione “Overloading” della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per traffico internazionale di droga sul Tirreno cosentino gestito dai Muto, e per la quale era stato condannato a 9 nove anni di reclusione.

Dopo aver scontato il suo debito con la giustizia sembrava rigare dritto, tant’è che il suo nome non è stato più associato, da quel momento in poi, rispetto a nuove inchieste giudiziarie, alla criminalità organizzata.

Saranno chi inquirenti a sciogliere l’enigma sulle motivazioni che hanno originato quell’efferato omicidio.

Le indagini, ancora in corso, sono in mano alla Procura di Paola. 

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it