CATANZARO – «Le condizioni di sfruttamento e illegalità emerse dall’operazione della Guardia di Finanza di questa mattina, che ha coinvolto supermercati di un noto marchio nazionale, non possono che suscitare una profonda indignazione. Quanto accertato in merito a sfruttamento del lavoro, turni estenuanti, salari inadeguati, ambiente di lavoro insicuro e diritti negati rappresenta l’immagine di una impostazione imprenditoriale elevata a sistema, che sacrifica la dignità delle persone all’altare del profitto di pochi. E questo accade in una regione come la Calabria, dove resta altissimo il tasso di disoccupazione, soprattutto nella fascia d’età tra i 20 e i 34 anni. Approfittare del bisogno di chi vuole guadagnarsi onestamente il pane è moralmente inaccettabile».
È quanto afferma il segretario della Cgil Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo, Enzo Scalese, intervenendo sull’inchiesta del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, che ha messo in luce una serie di violazioni sistematiche e condizioni di lavoro disumane imposte a oltre 60 dipendenti.
«Non è un caso isolato che in Calabria i contratti di lavoro e le normative relative alla sicurezza dei lavoratori restino applicati solo sulla carta, per favorire il tornaconto economico di imprenditori senza scrupoli – afferma ancora Scalese –. La Cgil lo denuncia da tempo, ma da troppo tempo il nostro sindacato resta inascoltato. Se da un lato i grandi marchi devono monitorare la gestione delle realtà locali, perché il profitto non può prevalere sulla tutela dei diritti, dall’altro serve maggiore attenzione da parte delle istituzioni e delle autorità preposte al controllo e all’applicazione delle leggi e dei contratti: è un dovere che si ha anche nei confronti dell’imprenditoria locale, quella sana e attenta al benessere dei propri dipendenti».
Quanto emerso oggi grazie alla Guardia di Finanza, «a cui rivolgiamo il nostro apprezzamento, deve anche portare a una più ampia riflessione su quanto sta accadendo a livello nazionale: vale a dire una presa di posizione più ampia e decisa contro il progetto governativo di reintrodurre le dimissioni in bianco, un ulteriore ostacolo per lavoratori già colpiti dalla spregiudicatezza di datori di lavoro che mettono il profitto sopra tutto», scrive ancora il segretario generale Scalese.
Così come non si può più tollerare «l’uso del part time involontario: in Italia, più della metà dei 4 milioni e 203 mila lavoratori e lavoratrici part-time rilevati dall’Istat nel 2022, il 56,2%, non ha scelto questa forma contrattuale ma l’ha accettata o subita per necessità o per assenza di altre possibilità. Il lavoro precario e mal retribuito non è sufficiente a uscire da una condizione di povertà. La nostra battaglia contro il part-time come strumento di ulteriore precarizzazione sarà determinata e senza sconti», conclude Scalese.
stefaniasapienza@calabriainchieste.it