ACQUAPPESA (Cs) – Dopo la sentenza di inammissibilità del Tribunale amministrativo regionale della Calabria la Sateca (Società Alberghi e Terme di Calabria S.p.A Respinto), perde anche il ricorso in appello al Consiglio di Stato intentato contro il Comune di Acquappesa sul caso delle Terme Luigiane (centro congressi, ndr).
L’oggetto del contendere riguarda la porzione di un terreno, di proprietà della Sateca, occupata dall’ente senza un provvedimento di esproprio per pubblico interesse e trasformata in area pubblica.
Con ricorso al Tar la società ha chiesto l’accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere, da parte del Comune di Acquappesa, in conseguenza del procedimento espropriativo, iniziato e mai concluso, su una porzione di terreno occupata dall’ente per scopi di interesse pubblico ed irreversibilmente trasformata, in totale e perdurante assenza, di un provvedimento di esproprio.
Sateca, inoltre, ha chiesto l’emanazione dell’ordine di provvedere, entro un dato termine, alla determinazione e liquidazione di un indennizzo da quantificarsi, a seconda del provvedimento adottato (acquisizione sanante o restituzione del bene previa remissione in pristino), e la contestuale nomina di un Commissario ad acta, incaricato di provvedere, nel caso di perdurante inerzia dell’ente nel termine prefissato.
Il Tribunale amministrativo regionale con la sentenza n. 269 del 2024 ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché la ricorrente non avrebbe presentato al Comune l’istanza finalizzata ad ottenere o l’indennizzo, o la restituzione del bene in quanto, per l’amministrazione, l’obbligo di provvedere sussisterebbe solo a fronte di un’istanza del privato finalizzata all’adozione di un provvedimento autoritativo.
Istanza che non è stata presentata nei termini di legge costituendo per il Tribunale amministrativo un ulteriore elemento di inammissibilità.
In appello Sateca ha chiesto l’integrale riforma della sentenza del Tar perché errata in diritto, in quanto l’acquisto in sanatoria del terreno è da esercitarsi anche in assenza di specifica istanza dell’interessato.
Il Comune di Acquappesa si è costituito in giudizio ritenendo l’appello inammissibile contestando anche il pagamento delle varie indennità richieste dalla società, per l’espropriazione illegittima, sostenendo che a causa della maturazione dell’usucapione, (cioè il possesso continuativo per vent’anni) non è possibile restituire il terreno.
Fermo restando l’illegittimità dell’occupazione per il Consiglio di Stato l’ente ha il dovere di esercitare un potere che potrà avere come esito o la restituzione al privato o l’acquisizione pubblica del bene. Alternative entrambe finalizzate a porre fine allo stato di illegalità in cui versa la situazione.
Di contro la società, attraverso una diffida, può sollecitare la pubblica amministrazione a sanare l’illecito, oppure ricorrere direttamente al giudice per l’accertamento della violazione, senza bisogno di istanze formali.
Il decreto di occupazione temporanea e di urgenza è stato notificato il 22 dicembre 1992 e prevedeva un termine quinquennale di occupazione. Alla scadenza il procedimento di esproprio doveva essere avviato d’ufficio cosa che non è stata fatta dall’ente perché, a suo dire, è intervenuta l’usucapione. Il ricorso, da parte del privato doveva essere presentato entro un anno, ma è stato presentato in ritardo.
In ogni caso, la società ricorrente ha la facoltà di sollecitare il Comune alla conclusione del procedimento, in applicazione dei doveri di collaborazione e buona fede che incombono sulle parti della relazione procedimentale.
Quanto alle eccezioni di difetto di giurisdizione e di prescrizione sollevate dalla difesa comunale in relazione alla richiesta della società relativa alla corresponsione dell’indennizzo, formulata con le conclusioni del ricorso, per i giudici di appello sono infondate in quanto il giudizio non ha ad oggetto la determinazione e corresponsione dell’indennizzo.
Spetterà, comunque, al Comune determinarsi sul punto, a seconda che opti per la restituzione o per l’acquisizione dell’immobile, fermo restando che sul tema ogni contestazione sulle future determinazioni del Comune è devoluta alla cognizione del giudice ordinario.
In conclusione, il Consiglio di Stato respinge il ricorso confermando la sentenza del Tar sebbene con motivazione in parte corretta.
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