Franco Nunziata

SAN LUCIDO (CS) – «Troppi propagandistici proclami, a livello nazionale ed a livello regionale, su una sanità migliorata sono una offesa ed una presa in giro, innanzitutto verso l’ammalato sofferente che è persona  sacra, le loro famiglie e verso gli operatori sanitari e nei confronti dei cittadini tutti, in particolare del Sud e della Calabria».

E’ quanto denuncia Franco Nunziata, medico direttore sanitario.

«Posti letto e personale carenti, pazienti sballottati e sbarellati inumanamente da un ospedale all’altro, spesso mandati a morire a casa senza una giusta e più umana assistenza salvavita o terminale, medici che, anziché visitare in ospedale, dirottano i pazienti, fin troppo pazienti, verso i loro studi privati, liste di attesa interminabili che ti fanno prima aggravare o morire e poi ricoverare o seppellire, servizi di emergenza 118 senza medici e senza infermieri e che, spesso, arrivano con ritardo, nonostante i colleghi medici cubani che hanno colmato solo un vuoto numerico e non relazionale ed empatico con i nostri concittadini che continuano, sempre più, a ricorrere alle strutture sanitarie private o ad emigrare in altre Regioni del Centro – Nord (è di circa 265 milioni la spesa che affronta la Calabria per una mobilità passiva in aumento costante)».

E, ancora: «I recenti dati Agenas, fatta eccezione per qualche sporadica eccellenza, dovuta solo alla bravura dei singoli professionisti e non certo della organizzazione sanitaria o della politica locale, complessivamente hanno evidenziato, per chi sa leggere nelle carte, dati allarmanti che lasciano la Calabria ancora il fanalino di coda della Sanità italiana e che minano alla tutela ed alla sicurezza sociale del cittadino calabrese, pericolo ancor più accentuato dalla sciagurata autonomia differenziata che ormai è una realtà e che andrà a ledere i principi fondamentali della sussidiarietà e della perequazione sociale fra Nord e Sud d’ Italia».

E, poi «ammalati gravi ed anziani che trascorrono ore ed ore, giornate e nottate su una barella di Pronto Soccorso sono la rappresentazione di una sanità calabrese da terzo mondo e, se questo non giustifica assolutamente gli atti di violenza dei familiari nei riguardi del personale sanitario che è vittima di un sistema che non funziona per colpa di una classe politica e di cosiddetti manager incapaci o in malafede, pur tuttavia, fa comprendere l’esasperazione portata alle estreme conseguenze di chi soffre e di chi è in ansia per la salute e la sopravvivenza dei propri cari».

Per risolvere il problema «non bastano le Forze dell’Ordine o i sistemi di videosorveglianza; occorre ripensare e rivedere il sistema sanità che non funziona, dalla medicina di base e territoriale a quella ospedaliera e di urgenza – emergenza; occorre smetterla di lucrare e fare clientele e voti sulla sofferenza umana; occorre mobilitarsi, come è stato fatto recentemente a Cosenza, per rivendicare il diritto alle cure ed alla vita; occorre, essenzialmente, organizzarsi in maniera efficiente ed efficace servendosi di Tecnici capaci ed esperti che possono mettere a frutto le loro comprovate esperienze al servizio esclusivo di un bene vitale che non può essere più lasciato alla improvvisazione di qualche grillo parlante inesperto e che fa rischiare il collasso totale e tombale, non solo del Servizio Sanitario Regionale ma, anche dei cittadini, perché qui non si tratta di costruire nuovi ospedali di cui vedremo l’inizio fra dieci – venti anni, ma di saper far funzionare, e sin da subito, quelli già esistenti, così come hanno funzionato ed anche bene nel passato, allorquando abbiamo dato sicurezza ed assistenza qualificata, universalmente, a tutti, seppur senza gli strumenti diagnostici e terapeutici moderni e senza l’ausilio dell’intelligenza artificiale che pur possono fare tanto ma, di certo, non potranno sopperire alle capacità organizzative ed umane oggi mancanti».

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