Cassazione di Roma

CATANZARO – Operazione Scolacium, così era stata ribattezzata dalla Dda di Catanzaro l’inchiesta che vedeva coinvolto Francesco Bruno, presunto capo mafia dell’omonimo clan di Vallefiorita, che estendeva i propri tentacoli nei territori di Amaroni, Squillace e di Squillace Lido, non disdegnando di fare pressioni su stabilimenti balneari e turistici.

Lo scorso febbraio, Bruno era stato tratto in arresto su ordine del Gip di Catanzaro insieme ad altre 19 persone e, successivamente, era stato trasferito di carcere e ristretto in regime di 41 bis (carcere duro).

L’ordinanza cautelare inizialmente ha retto al vaglio del Tribunale della libertà ma, pochi mesi più tardi è stata annullata dalla Sesta Sezione della Cassazione che, in accoglimento del ricorso avanzato dagli avvocati Staiano e Lomonaco, ha disposto un nuovo giudizio.

All’esito della nuova camera di consiglio, il Tribunale della libertà di Catanzaro ha poi annullato l’ordinanza cautelare ordinando l’immediata liberazione dell’indagato.

Avverso tale provvedimento questa volta era la Procura Distrettuale a ricorrere in Cassazione, così insistendo per il ritorno in carcere del presunto boss. Ieri la Seconda Sezione della Cassazione, su richiesta degli avvocati Staiano e Lomonaco, ha respinto il ricorso della Procura, così confermando definitivamente il provvedimento cautelare di scarcerazione.

Poche settimane fa la Procura del capoluogo ha notificato la chiusura delle indagini preliminari nei confronti di 27 persone, accusate a vario titolo di reati in materia di danneggiamenti, armi, droga, estorsioni ed associazione a delinquere di stampo mafioso.