Home Cronache Banda di pusher sul Tirreno cosentino, conversazioni criptate inchiodano gli spacciatori

Banda di pusher sul Tirreno cosentino, conversazioni criptate inchiodano gli spacciatori

Gli indagati utilizzavano nomi propri o soprannomi di uso frequente, più volte ripetuti e facilmente conoscibili attraverso la lettura incrociata delle conversazioni intercettate ed il confronto fra esse

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Carabinieri di Scalea

CETRARO (Cs) – Emergono nuovi particolari in merito all’operazione effettuata questa mattina tra Cetraro e Ancona, dai Carabinieri della Compagnia di Scalea, supportati da personale delle Compagnie Carabinieri competenti per territorio, con il coordinamento Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, che ha sgominato un sodalizio criminale dedito al traffico di droga (cocaina), detenzione illegale di armi comuni da sparo e lesioni personali, aggravata dal metodo mafioso (https://www.calabriainchieste.it/2024/11/22/spaccio-di-droga-detenzione-di-armi-e-lesioni-aggravate-dalla-mafiosita-4-arresti/)

L’indagine coinvolge quindici persone in totale di cui quattro, per disposizione del Gip del Tribunale di Catanzaro, visti i gravi indizi di colpevolezza, sono finiti in carcere.

L’attività di identificazione degli indagati non si è rivelata particolarmente complessa in quanto le utenze telefoniche intercettate (attivamente e passivamente) erano, il più delle volte, intestate agli stessi utilizzatori.

Dai dati conoscitivi, opportunamente sviluppati dalla Polizia Giudiziaria, risulta che, “nelle conversazioni intercettategli indagati utilizzavano nomi propri o soprannomi di uso frequente, più volte ripetuti e facilmente conoscibili attraverso la lettura incrociata delle conversazioni intercettate ed il confronto fra esse.

L’assoluta chiarezza dei dialoghi criptati è un ulteriore tassello all’identificazione dei conversanti. Dalla complessiva analisi delle intercettazioni emerge, inoltre come “al di là delle conversazioni dal tenore univoco, pure esistenti (ove, cioè, si fa esplicito riferimento alla sostanza illecita, “fumo”, “cocaina”, “erba”), gli indagati ricorrano ripetutamente a termini criptici che, dal tenore complessivo dei discorsi, appaiono inequivocabilmente indicanti la droga”.

L’opera di decodificazione delle conversazioni intercettate è stata resa possibile “dalla ricorrenza di elementi di fatto interni ai colloqui – quali, ad esempio, l’utilizzo di particolari cautele, il timore di correre dei rischi nel trasporto, i riferimenti, dal carattere monocorde, alla qualità, quantità e al prezzo della cosa oggetto del colloquio – nonché dall’attività investigativa articolata parallelamente a riscontro, che ha portato anche al rinvenimento e al sequestro delle sostanze cedute”.

Il linguaggio allusivo, in uso agli interlocutori, che ha confermato che l’oggetto dei predetti dialoghi fosse di volta in volta la sostanza stupefacente, è stato decodificato grazie ad una sinergica attività di indagine come “l’ascolto continuo dei dialoghi tra gli indagati intercettati, nonché tramite il riscontro visivo offerto dai servizi di osservazione, controllo e pedinamento, dalle videoregistrazioni immortalate dai sistemi di video-sorveglianza”.

In base a tali risultanze e all’assenza di problemi circa l’identificazione dei conversanti gli inquirenti sono arrivati “ad una valutazione di piena attendibilità e linearità del contenuto di tali conversazioni”.

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it