SIBARI (Cs) – Al via “Mnemosyne. La memoria e la salvezza”. E’ stato presentato stamane il progetto lanciato dalla Soprintendenza AbapP di Cosenza e dal Parco archeologico: gli interventi di scavo e restauro di una sepoltura scoperta nella necropoli dell’antica Thurii diventano oggetto di un laboratorio-cantiere aperto al pubblico con finalità didattico-scientifica.
Nel giugno dello scorso anno la Soprintendenza Abap di Cosenza ha rinvenuto, in un’area appena esterna al Parco archeologico di Sibari e corrispondente alla necropoli di Thurii – la colonia panellenica nata nel V secolo a.C. nei pressi del sito della più antica Sybaris –, una tomba (catalogata come “22.1”) risalente verosimilmente al IV secolo a.C.
Tra gli elementi di corredo recuperati in un primo momento compaiono i frammenti di una lamina aurea del tipo cosiddetto “orfico”. Un oggetto molto raro – attestato in pochi esemplari in Magna Grecia, a Creta e in Tessaglia – in cui la foglia d’oro era utilizzata come supporto di un testo che conteneva le istruzioni affinché il defunto potesse orientarsi nell’al-di-là.
Gli esemplari più completi di questa serie furono trovati nel 1879 in due grandi tumuli funerari – poco distanti dal sito della tomba in oggetto – e poco dopo trasferiti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove sono tutt’ora sono esposti.
Gli oggetti di questo tipo, ancora avvolti in un’aura di mistero, continuano a porre una serie di affascinanti domande agli archeologi, e tutti provengono da scavi molto vecchi, eseguiti con metodi non pienamente scientifici, o appartengono a collezioni museali pubbliche e private storicizzate e nulla si sa del loro contesto di rinvenimento.
«La nuova scoperta offre, soprattutto, – spiegano Paola Aurino, Soprintendente di Cosenza, e il direttore del Parco archeologico di Sibari e della direzione regionale dei musei della Calabria, Filippo Demma anticipando quanto sarà presentato nel corso della presentazione alle autorità e alla stampa prevista per domani nella sala convegni del Museo nazionale archeologico della Sibaritide – l’imprescindibile opportunità di indagare, oltre all’oggetto, il suo contesto, il suo possessore. Sarà possibile saperne finalmente di più su chi fossero le persone che 2300 anni fa credevano nella metempsicosi e praticavano rituali per raggiungere la beatitudine oltre la morte».
Di comune accordo e grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto da tempo e che prevede la completa collaborazione dei due Istituti per la valorizzazione del Patrimonio della Sibaritide, il Parco e la Soprintendenza hanno trasformato il rinvenimento in un’occasione di conoscenza, procedendo ad allestire un cantiere di ricerca e restauro visitabile, e aperto al pubblico.
Nel dettaglio, nel laboratorio del Museo sibarita, si svolgeranno le quattro fasi di questo progetto: un’antropologa effettuerà il micro scavo della sepoltura, con il quale – tra l’altro – ci si aspetta di trovare i frammenti mancanti della laminetta “orfica” o altri esemplari interi, mentre contestualmente avverrà il restauro della copertura della tomba e del corredo che man mano potrà ancora venire alla luce.
In una terza postazione, poi, allestita nello stesso spazio, con l’ausilio di un microscopio elettronico e di uno scanner tridimensionale, avranno luogo le prime indagini archeometriche che potranno restituire interessanti dati sul defunto – molto probabilmente una donna-, sui rituali con i quali è stato sepolto, sugli eventuali residui di contenuto dei vasi di corredo, sulle terre di copertura, sulla provenienza dell’oro impiegato per le laminette.
Queste informazioni, insieme alle osservazioni antropologiche e alle analisi dei campioni prelevati dalle ossa dell’inumato durante il micro scavo in laboratorio, ci racconteranno la storia del defunto: il sesso, l’età al momento della morte, un’idea della sua provenienza geografica, eventuali patologie, lo stato nutrizionale, demografia e altre caratteristiche della popolazione di appartenenza, contribuiranno a capirne lo status sociale.
I sedimenti che ricoprivano lo scheletro potranno rivelare tracce di materiali deperibili non più visibili ad occhio nudo (legni, tessuti, etc.) connessi alle pratiche funerarie, o contenere tracce di elementi vegetali connessi ai rituali di sepoltura. Ancora, le analisi sugli elementi di corredo potranno fornire indicazione sulla provenienza delle materie prime utilizzate per la realizzazione degli oggetti in ceramica, ma anche dell’oro delle laminette. Infine, analizzando il terreno rinvenuto all’interno dei contenitori, si potrà cercare di stabilire la natura del loro antico contenuto.
Nel laboratorio, infine, anche una piccola mostra che presenterà il corredo funebre già restaurato della tomba di nuova acquisizione (la “22.1”) nonché il corredo e la ricostruzione con materiali originali, della copertura di un’altra sepoltura, sensibilmente più antica, rinvenuta nella stessa necropoli negli anni ‘90.
«L’intenzione alla base dell’iniziativa – rimarcano Aurino e Demma – è trasformare un rinvenimento importante in un’occasione di massima diffusione di conoscenza, di partecipazione del pubblico alla costruzione stessa del dato storico, oltre che all’emozione della scoperta, andando al di là del semplice evento per la presentazione di una scoperta notevole. Il tutto in un contesto di assoluta armonia istituzionale, in cui Istituto autonomo e Soprintendenza procedono affiancati nella tutela, conservazione, studio e valorizzazione del Patrimonio, fatto che in Calabria avviene puntualmente».
Alla conferenza stampa di presentazione dell’evento erano presenti sindaci e altre autorità civili, militari e religiosi, esperti del settore.
Al tavolo dei relatori presenti, oltre a Filippo Demma e Paola Aurino, Vito D’Adamo, capo segreteria del sottosegretario del Ministero della cultura Lucia Borgonzoni in rappresentanza del Governo, Fabrizio Sudano, direttore segretariato Regionale del Ministero della cultura per la Calabria, e l’assessore della Regione Calabria con deleghe allo sviluppo economico e gli attrattori culturali, Rosario Varì in rappresentanza del Presidente Roberto Occhiuto.